Soffrire, amare, riparare
In questo fuoco
d’amore si verificano in lei i primi fenomeni mistici: levitazione, forte calore
superiore al normale, mistici abbracci.
Mentre facevo
queste offerte al Signore, mi sentivo elevare, non so come. (Deolinda disse a don Umberto Pasquale,
secondo direttore, che veniva sollevata dal letto come una piuma, rimanendo
sospesa). E sentivo nel medesimo momento un calore rovente che pareva bruciarmi.
(...)
Mi sentivo
abbracciata interiormente, cosa che mi stancava assai (don Pasquale vede in
questo un inizio del fidanzamento spirituale). (A, p 24).
A questo punto
dell’Autobiografia Alexandrina sintetizza, sotto forma di ispirazione, tutto il
suo programma di vita:
soffrire, amare,
riparare.
Ogni volta che si
interroga sul senso della sua vita, sente quei tre verbi.
Nel 1933 avrà il primo incontro col
gesuita p.Mariano Pinho (1) che la
comprenderà. Ma
all’inizio non gli dirà di questi fenomeni.
Però, proseguendo
nello sviluppo della sua spiritualità, sentirà il bisogno di aprirsi con colui
che diventerà il suo vero ed unico padre spirituale, sceltole da Gesù. p.Pinho
sarà associato indelebilmente ad Alexandrina in un unico martirio d’amore.
Nel settembre del
1934 Alexandrina capirà che quei tre verbi non sono una semplice sua
ispirazione, ma che provengono da Gesù, il quale la invita ad una immolazione
con crocifissione:
“Dammi le tue mani,
che le voglio crocifiggere; dammi i tuoi piedi, che li voglio inchiodare con me
(comigo); dammi il tuo capo, che lo voglio coronare di spine come fecero
a me; dammi il tuo cuore, che lo voglio trafiggere con la lancia come trafissero
il mio.
Consacrami tutto il
tuo corpo, offriti tutta a me, che ti voglio possedere completamente e fare ciò
che mi parrà”. L (8-9-34)
Questo sentirà
dirsi da Gesù, ripetuto in tre estasi: del 6, del 7 e dell’8.
Alexandrina è
pronta ad assecondare generosamente, ma pensa ad incrementi delle sofferenze,
non certo a fenomeni mistici!
Invece sarà
chiamata a rivivere concretamente la Passione del suo Amato nella sua
completezza, nei tre campi: fisico, morale, spirituale!
Un mese dopo
esprime il suo slancio di amore scrivendo con il suo sangue un giuramento a
Gesù.
Appena usciti i
miei, potei mostrare a Gesù quanto l’amavo.
Presi la spilla con
la quale tenevo appese le mie medagliette, la conficcai nel petto. Non vedendo
sangue, la affondai di più nelle carni, ne contorsi le fibre finchè ne sprizzò
il sangue. Vi intinsi la penna e scrissi sul retro di un’immaginetta:
“Col mio sangue Ti giuro di amarti molto, mio Gesù. Sia tale il
mio amore che io muoia abbracciata alla croce!
Ti amo e muoio per
Te, mio caro Gesù.
Voglio abitare nei
tuoi tabernacoli”.
(Balasar,
14-10-1934).
Preparazione al grande evento
Durante l’arco di
ben 4 anni Gesù la prepara al fenomeno mistico del rivivere la sua Passione.
Nelle estasi Gesù,
come Maestro, la istruisce nelle varie virtù: silenzio, umiltà, obbedienza,
abbandono. Le raccomanda i tabernacoli.
E intanto
intensifica le sue espressioni d’amore, le dà consolazioni spirituali.
Gesù mi parlava
giorno e notte. Io sentivo grandi consolazioni spirituali; non mi costavano le
mie sofferenze.
In tutto sentivo
amore al mio Gesù e sentivo che Egli mi amava, poiché da Lui ricevevo
innumerevoli carezze.
Desideravo
solamente starmene sola. Oh, come mi sentivo bene nel silenzio, unita a Lui!
Gesù si apriva
molto con me. (A, p 22)
La consola nelle
tribolazioni prospettandole il grande bene che ne deriva.
“Ti ho scelta per
me, corrispondi al mio amore! Voglio essere il tuo Sposo, il tuo Amato, il tuo
Tutto. Ti ho scelta pure per la felicità di molte anime”.
Mi dice che io sono
un canale per il quale devono passare le grazie che io distribuirò alle anime e
per il quale le anime andranno a Lui.
Mi dice inoltre, il
mio Gesù, che si serve di me affinchè, attraverso me, vadano a Lui molte anime e
molte anime siano da me infervorate ad amarlo nella santissima Eucaristia. L
(4-10-34)
“Figlia mia, o mia
amata, Io sono con te! Oh, come Io ti amo!
Sono tanto forti le
catene di amore che mi legano a te che non le posso spezzare, non ti posso
abbandonare”. (...) E mi chiese che io pure Lo amassi, ma che non voleva
soltanto il mio amore: che facessi sì che altri pure Lo amassero. L (1-11-34),
p 42
Ma la preparazione
viene fatta anche con la croce, che si fa più pesante.
Il Signore
cominciò ad aumentare i suoi doni per aumentare pure il peso della mia croce.
Sia benedetto e benedetta sia la sua grazia, che non mi mancò mai! (A, p 31-32)
Alle sofferenze sue personali cosparse
di visite mediche dolorose e ripugnanti si aggiungono quelle economiche, dovute
alla perdita dei terreni e all’ipoteca della casetta, che venne liberata dopo 6
anni di stenti nel 1941(2) Riflettiamo su come Alexandrina visse questo doloroso
periodo.
Ho pianto molte
lacrime, ma cercavo sempre di non farmi vedere. Di notte mi sfogavo con Gesù e
la cara Mammina. Benedette lacrime che mi unirono di più a Gesù e a Maria e
resero più salda la mia fiducia in loro!(...) (A, pp 31-32)
Tutto quanto mi
offrivano da mangiare lo cedevo a mia sorella perché in quel tempo era assai
malata. Pensvo così: poiché io non posso guarire, che almeno lei possa
migliorare! (A, pp 32-33)
Per dare un’idea dello stato di povertà
patito in quel periodo riportiamo quanto la sorella Deolinda narrò a don
Pasquale nel 1965. (da “Anima di
vittima e di apostola”, p.29)
Quante volte di
notte, nelle stagioni rigide, sentendo Alexandrina tremare e battere i denti, mi
alzavo, accendevo il fuoco nel caminetto per riscaldare una pietra che, avvolta
in un cencio, mettevo sotto le coltri di mia sorella!
Stralciamo ancora
dall’ “Autobiografia”:
“O Gesù, non Vi
chiedo onori né ricchezze, ma Vi chiedo che ci lasciate
la nostra casetta
affinchè mia madre e mia sorella abbiano dove vivere fino alla fine della vita,
affinchè mia sorella abbia dove cogliere i fiori per adornare il vostro altare
in chiesa nei giorni di sabato. O Gesù, tutti i fiori sono per Voi! Gesù,
soccorreteci, che stiamo per perire! (...) (A, pp 32-33)
Una morte apparente
La croce si compone
anche di sofferenze spirituali. oltre che fisiche.
Le sofferenze
dell’anima costano di più di quelle del corpo!
L (14-5-36)
Nel 1936 Alexandrina è convinta che
passerà già in Cielo la festa della SS.Trinità (avendo erroneamente interpretato
quanto Gesù le ha detto nell’analoga festa del 1935), ed è felice in
quell’attesa.
Mentre si
andava approssimando il giorno della SS.Trinità (7 giugno) cresceva
la la mia gioia:
sarei andata a passare in Cielo la festa dei miei tanto cari Amori, come
chiamavo il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo.(...)
Mi preparai per
morire (...) Cantai di gioia (molto debolmente):
Felice,oh, felice,
se giungerò a tanto
di morire cantando
il nome di Maria!
Felice chi mille
volte
nella lunga agonia
con amore ripete
il nome di Maria!
La sofferenza
andava aumentando e, all’ora fissata dal Signore, non so cosa provai: cessai di
udire quanto avveniva attorno a me.(...)
Udii il pianto dei
miei; cominciai a respirare e, a poco a poco mi rianimai. Ma, ancora in quello
stato, pensai: voi state a piangere e io finalmente muoio. Aspettavo sempre di
comparire alla presenza del Signore. Non sentivo pena nel lasciare il mondo e i
miei cari.
Era stata una morte
“ apparente”, considerata dagli studiosi, morte mistica.
Quando vidi che
stavo migliorando e che non si avveravano le parole di Gesù (da lei
erroneamente interpretate come annuncio di morte fisica), cadde su di me una
tristezza che non si può misurare, con un peso schiacciante. (...)
Passai la festa
della SS.Trinità come una moribonda. In me tutto era morte. Mi sgorgavano le
lacrime, i dubbi erano quasi insopportabili, perché mi ero ingannata non solo
riguardo a questo giorno, cioè riguardo alla morte, ma anche a riguardo di tutto
quanto il Signore mi aveva detto prima di questo giorno!
Nei due giorni
successivi mi pareva che tutto il mondo fosse morto.
Non vi era sole né
luna nè giorno per me. Il mio vivere era quasi insopportabile!
Si avvicinavano a
me Deolinda e Caozinha, le uniche persone che sapevano la cosa, e mi dicevano:
“Non ci parli? Non ci sorridi?”
“Andate via da
me! — rispondevo — Ormai non sono più la stessa. Non mi vedrete sorridere mai
più. Non vi sarà più sole che mi illumini”.
(A, pp 36-37)
Dopo tale morte si susseguono, per più
di un anno, mesi di atroci sofferenze fisiche e spirituali.
Cessa anche di dettare le lettere al
direttore. Il contatto con lui è mantenuto mediante alcune visite che egli le fa
per confortarla e alcune lettere che Deolinda gli scrive. (vd. No C)
Anche
spiritualmente soffre molto perché le viene tolto l’unico conforto: la
convinzione di salvare anime col suo martirio!
Nelle crisi di
dolori più acuti chiedeva di darle il crocifisso da baciare e diceva:
“O mio caro Amore, Voi
soffriste più di me!” ( No. C)
Comincia anche un periodo di digiuno:
Alla fine di aprile
del 1937 passai attraverso una grave crisi che mi portò alle soglie della morte.
Cominciai a vomitare giorno e notte, nulla trattenendo nello stomaco. (...) Il
parroco mi lesse tre volte le preghiere dell’agonia (...)
Chiede di ricevere
Gesù Eucaristico, ma il parroco le dà prima un’ostia non consacrata, per provare
se non vomita. La vomita subito. Allora il parroco pensa di rinunciare, ma una
persona presente fa notare che quell’ostia non era Gesù!
Allora si decise
di andare a prendere un’Ostia consacrata.
La ricevetti e non
la vomitai. Non tralasciai più di ricevere Gesù
Sacramentato per causa di quei vomiti. (...) Non vomitai
mai più prima che fosse passata mezz’ora.
Stando così
le cose, il signor parroco non temette mai più di darmi il Signore. (A, p 38-39)
Negli ultimi 13 anni e mezzo di digiuno
totale sarà suo vero alimento l’Ostia consacrata. (vd. cap. 8)
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