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SOLO PER AMORE
“Quasi una autobiografia”

Capitolo 17
Il martirio dell'ultimo decennio

Se contempliamo la panoramica dell’ultimo decennio, vediamo che il martirio della vittima è in continuo aumento, con sofferenze di ogni genere.

Durante un’estasi della Passione (intima), nel descrivere il momento della salita al Calvario, Alexandrina detta:

Quanto più si approssima la fine della montagna, tanto più difficile diventa la salita: più agonia, più sangue, più abbandono, più dolore. S (12-1-51)

Tale constatazione si adatta proprio molto bene al cammino della sua vita in questa fase.

Le sofferenze invadono tutta la persona, sia nella sfera fisica che spirituale.

Noi volgeremo lo sguardo sull’una e poi sull’altra separatamente, per quanto siano sostanzialmente inscindibili, perché l’una influenza l’altra.

Sofferenze fisiche

Verso la fine del 1944 comincia a sentire che gli occhi soffrono per la luce. Don Umberto le regala delle tende oscure per la finestra.

Nel 1945 più volte accenna a questo tormento.

Passo i miei giorni in un’oscura prigione: gli occhi del corpo non possono vedere la luce e la mia anima non ha luce. (...) S (23-7-45)

“Figlia mia, sposa mia, ascolta: ti preavviso. La tua sofferenza aumenterà: gli occhi del tuo corpo rimarranno sempre come se non esistesse la luce.

Le tenebre e il dolore della tua anima saranno indicibili”. S (31-8-45)

Cresce la mia cecità, aumentano le mie tenebre. Non ci vedo. Si è oscurato il mondo: pare che Dio non abbia creato la luce(...) S (6-9-45)

Arrivata al gennaio del 55, l’angustia della cameretta e la cecità quasi completa le danno l’impressione di essere in una cella nella quale le manca il respiro:

(...) Alla povera natura tutto ripugna: ora persino non può vedere la luce al punto da dover fare della mia camera una cella oscura.

Avere bisogno dell’aria e non poter vedere la luce mi pare che mi porti alla disperazione.

E’ tale la sofferenza da parermi che tutto il mio essere venga strizzato.(...) S (14-1-55)

Per la mattina di Pasqua del 55 avrà un leggero sollievo nel tormento della cecità.

(Il dott. Azevedo le aveva detto di chiederlo a Gesù), Ma sarà temporaneo. Nell’estasi del venerdì Santo, 8 aprile, Gesù le dice:

“Figlia mia, nel mattino della domenica di Pasqua vedrai non la luce completa, ma una mezza luce. Io sarò la forza dei tuoi occhi.

Non allevierò le tue sofferenze; no, figlia mia, no! Rimarrai così fino alla morte. Alle domande se stai meglio, rispondi con un sorriso.

Gesù allevia un lato per sovraccaricarne un altro. Tu non hai alleluia né nel corpo né nell’anima. Lascialo a me (l’alleluia) per sostenere il braccio della giustizia di mio Padre e salvare le anime.(...) Questa luce non sarà duratura: l’avrai alcune ore al giorno, in alcuni giorni. (...)” S (8-4-55)

Alexandrina ha anche sovente forti emorragie, o altri periodi con perdite giornaliere. Abbiamo visto nel Diario del 9 novembre 45 la nota del dott. Azevedo in proposito (vd. C 9 , sulla trasfusione)

Il giorno prima Alexandrina aveva dettato:

Avevo detto molte volte a Gesù: “Voglio darvi il mio sangue fino all’ultima goccia, per vostro divino amore e per soccorrere i peccatori, così come Voi lo avete dato per me”.

Ma non pensavo che Gesù prendesse la cosa tanto alla lettera!

Solo ieri mi ricordai della mia offerta a Gesù, sentendomi senza sangue, senza vita. Temo di lasciare il mondo da un momento all’altro senza che si realizzino le promesse di Gesù. ( che le ridiano p.Pinho come direttore).S (8-11-45)

Dopo due settimane detta un espressivo paragone:

Sento che il mio corpo dà gli ultimi strattoni di vita. E’ come una locomotiva che non ha forza per trascinare il peso dei vagoni. S (21-11-45)

Sempre nello stesso novembre, Gesù le dice:

“Aumenteranno i sacrifici che fai per parlare, ma non temere nulla: la tua vita di amore, la tua vita di bene per le anime continuerà nei tuoi sguardi, sorrisi e dolcezze fino all’ultimo istante.

Quale vita di attrattive e di meraviglie divine! (...)” S (23-11-45)

Col passare degli anni, naturalmente, questo sacrificio si fa sempre più gravoso.

Ad ogni sforzo che faccio per pronunciare una parola, tutto il mio essere pare disfarsi, tale è la sofferenza che sento in me.

O Gesù, tutto per amore a Voi e per la salvezza delle anime! Che tutto il mio vivere sia: soffrire e amarvi, amarvi e soffrire!

Senza il dolore non potrei più vivere”. S (24-10-52)

Il dettare il diario diventa sempre più penoso! In quello dell’ottobre 54 si legge:

Solo il Cielo vede, solo il Cielo può valutare il mio sacrificio. Non posso parlare: ad ogni parola che dico mi pare che uno sbocco di sangue mi affluisca alle labbra.

E’ solo per amore a Gesù e alle anime che io faccio tanto grande sacrificio.

Obbedire  (don Umberto le ha ordinato di continuare a dettare il diario e di spedirlo in Italia) quando si può non costa, ma quando è fatto in questo modo, in una sofferenza indicibile, il sacrificio è inaudito!

I mali del corpo sono tanto gravi e quelli dell’anima competono con questi.

O Cielo, o Cielo, o vita senza vita! S (15-10-54).

Il suo eroismo nel sacrificio la porterà a proseguire ancora per quasi 11 mesi: l’ultimo diario porta la data del 2 settembre 55!

Verso la fine del 46 le articolazioni delle braccia e delle vertebre si sconnettono!

Il dott. Azevedo decide di intervenire: prepara due sostegni a forma di S allungata che assicura ai lati della testiera del letto; fascia strettamente le braccia di Alexandrina e le lega sopra i sostegni in modo che la reggano passando sotto le ascelle. Inoltre fa mettere delle dure assi sotto il materasso e la fascia in tutto il corpo.

Alexandrina rimarrà così fino alla morte, per ben 9 anni!

La cosa si realizza proprio il 3 ottobre, anniversario della prima crocifissione.

Questo giorno anniversario, senza che si riflettesse e si combinasse, divenne pure la data in cui il mio povero corpo, legato con bende, fu posto per sempre su dure assi.

Ma, nonostante questo, rimasi assetata di sempre maggior dolore, di sempre maggior amore. S (4-10-46)

Questo letto le diventa un letto di spine.

Voglio essere vittima di Gesù e, poiché lo voglio essere, è con il sorriso dell’anima che di buona volontà continuo ad esserlo nel mio letto di spine. Quanto sono impigliata in esse! Quanto sono impedita nel più piccolo movimento! Quanto mi feriscono!  S (10-7-49)

Si aggiunge sovente anche la febbre, che le dà la sensazione di avere la carne distrutta.

Il mio povero corpo continua ad essere, in certe ore o in altre ore, uno scheletro: teschio, piaghe, spine, frecce, dolore e sangue.

Cosa è il mio dolore, solo Gesù lo comprende. E questo mi basta. S (12-9-47)

Il martirio è sempre lo stesso, con in più gli ardori della febbre e dolori trituranti, dolori quasi insopportabili. Quale tormento!

Solo Gesù lo vede e lo sa comprendere. S (4-11-49)

Il mio corpo, arrostito dentro e fuori, pare alle volte ardere in un vero inferno. Chiedo sollievo, chiedo di cambiarmi posizione per poter resistere senza disperare.

In altre parti del corpo il gelo mi raggela: fuoco e gelo nello stesso tempo; freddo, gelo che causa dolore, che tormenta come fuoco.(...).S (12-3-54)

Non manca neppure l’insonnia, naturalmene!

Ho passato una notte insonne. Soffrivo molto, non potevo pregare. Solo di tanto in tanto potevo dire qualche giaculatoria. Ma ero sempre unita a Gesù, ero sempre la sua vittima. S (7-11-53)

Nelle mie notti di veglia prego, prego, mi unisco ai miei Amori, offro loro le mie lacrime, ma a nulla vale: è vano ogni mio sforzo! S (18-3-55)

Le sofferenze spirituali si possono catalogare in due tipi: le lotte contro Satana, senza più aggressioni al corpo, dalla fine del 1937  ( vd. C. 14 ),. e le tentazioni contro la fede, che sono pure provocate da Satana.

Lotte spirituali contro Satana

Al mio fianco stava il demonio incatenato. Voleva arrivare a me. Io vedevo che egli non ci riusciva, ma sentivo come se dilaniasse il mio corpo a morsi. Gli insulti erano tanti. Mi diceva:

“Maledetta, devi peccare, devo portarti alla disperazione (...)  S (20-12-46)

Satana insiste nel farle patire il timore di ingannare circa i suoi fenomeni mistici e di peccare di vanto nello scrivere.

Il demonio mi dice che sono io che invento i miei combattimenti per avere di che scrivere!

Mio Gesù, io vorrei amarvi, ma non vorrei dover scrivere! Sapete bene che è lui e non sono io. S (21-8-45)

“Tu riesci con le tue falsità ad ingannare tutta la gente: ti condannerai!”

E io in quei momenti mi sentivo veramente falsa, ingannatrice, maliziosa (...) S (20-12-46)

Ma la nota più insistente è quella della lussuria.

Da giorni sento che il mio corpo è una casa aperta che dà entrata a chi vuole.

Ho sofferto molto con questa nuova sofferenza!(...)

Il demonio, più inferocito, venne come un ladro e sentii come se mi togliesse il cuore.

“E’ mio – mi disse- andiamo a peccare!” E mi coprì di insulti.

“E con il tuo cuore nelle mie mani ti faccio peccare quando voglio”.

Allora, molto più al vivo, sentii di essere quella casa di cui parlai sopra. In essa entravano quanti volevano. Io ero la casa del peccato, e il peccato stesso: ero disposta a tutto. Mio Dio, che orrore, tanti peccati, tanti crimini!

Lottai molto e il demonio si mostrava contentissimo, per fare di me tutto quanto voleva.

Io dissi a Gesù molte volte che ero la sua vittima e che non volevo peccare.(...) S (23-7-45)

Furono 4 i combattimenti col demonio; furono combattimenti infernali!

Avevo mani per tutto, meno che per fare il segno della croce e per allontanare da me il maledetto. Il corpo era in un bagno di sudore, il cuore, una macchina rumorosa.

Io sono riuscita, sì, ad invocare Gesù e la Mammina benedetta. Ma ciò che non sono riuscita, o mi pare di non essere riuscita, è ad invocarli a tempo.

A me sarebbe piaciuto essere cieca e sorda per non vedere né udire gli insegnamenti del maledetto e per non terrorizzarmi con ciò che egli diceva contro Gesù.

Ma, se fosse così, non potrei combattere né soffrire, non potrei essere vittima del mio Signore. S (7-11-47)

Il demonio mi tormentò con la sua forza e malizia diabolica.

Nei primi tre attacchi mi tormentò in figura di uomo e introdusse in me proprio tutta la malizia umana. Quale orrore!

Io peccavo in tutti i punti e con tutti i sensi. Egli, molto cinico, gettava sul mondo il suo sguardo infernale, lasciandolo tutto pieno della sua malizia.

Almeno sapessi io esprimermi circa il veleno che egli trasfondeva nelle anime!

Quale orrore! Oh, come si pecca! S (11-10-46)

Alle volte Gesù le fa comprendere per quali categorie sta riparando.

Il Signore mi fece comprendere, mediante i sentimenti e le visioni dell’anima, per chi mi chiedeva la riparazione.

I primi due attacchi furono per i peccati durante i balli e i divertimenti mondani: quanta indecenza, quanta perversità, quanti crimini scandalosi praticati sfacciatamente!

I tre seguenti furono per i sacerdoti. O mio Gesù, quanto si deve pregare per loro! Sono di argilla, di argilla come siamo noi, poveretti! Sono soggetti a grandi cadute. S (9-7-48)

Gesù la conforta, la incoraggia a continuare , affermando che con tale riparazione salva anime.

“E’ questa la disperazione del demonio, è la ragione per cui tenta di divorarti: egli sa bene quante anime gli hai strappate”. S (14-9-51)

“Il demonio ha contro di te tutta la sua rabbia infernale. E’ grande il dànno che gli fai: con la tua sofferenza danneggi la sua opera satanica, più di quanto la danneggi tutto il bene che si compie nell’umanità.

E’ rabbioso, è rabbioso. Si serve di tutto. Si serve degli uomini per distruggere la mia Causa. Mai, mai vengono soddisfatti i suoi infernali intenti.

Soffri tutto, figlia mia, soffri tutto il tuo indicibile dolore e tormento.

Riparami, riparami per tutti i sacrilegi e per tutte le confessioni nulle”.

“Gesù, Vi amo: sono la vostra vittima!” S (19-3-54)

Tentazioni contro la Fede

Mi parve che scendesse su di me una nube nera, nera, spaventosa. Mi avvolse tutta in sé.

Tutto è notte, dalla Terra al Cielo.

Sotto di me, è croci e spine; attorno mi circondano croci e spine; sopra di me, croci e spine. Tutto è notte, tutto è croci, tutto è spine, dolore e sangue: morte nel mondo e morte nell’eternità. S (29-3-45)

Mi sento come se solo io e il dolore vivessimo nel mondo. Sento sfuggirmi tutti; sentii sentii sfuggirmi Gesù.

Ho per compagno il dolore, per abitazione le tenebre. Tutto ciò che nacque venne a morire in esse. Orribile cecità, tenebre spaventose! S (3-5-46)

“Io credo, io credo che siete il mio Gesù, credo anche nelle tenebre e nel dolore.

Non permettete che io dubiti! Non voglio farvi dispiacere”. S (22-7-49)

Quanti dolori, quanti sospiri nascosti e soffocati!

Io sto sotto il mondo ed è questo stesso mondo che soffoca i miei sospiri e nasconde le mie lacrime. Nessuno dei miei gridi arriva al Cielo: là non si ascolta nessun gemito, non si vede nessuna lacrima.

Quale abbandono, mio Dio, quale abbandono! S (27-7-51)

Mi pare di avere tentazioni contro me stessa e disperazioni. Mento a tutti e mento a me.

Ho tentazioni contro la fede: mi pare di volermi convincere che dopo questo esilio tutto finisce, che a nulla giova il soffrire.

Sento su di me la rabbia del demonio: è furioso contro di me. Mi pare di avere     rti forti inferriate di ferro che mi separano da lui ( infatti Gesù non permette più che la tocchi, dalla fine del 37).. Ma la mia anima vede e sente che la sua forte dentatura morde in questi ferri come se mordesse in me. Mi trafigge coi suoi sguardi rabbiosi, tali da fare disperare. Odo le sue urla di disperazione. S (14-9-51)

In questa immensità tempestosa in cui prevale solo la inutilità, la mia anima si mantiene in pace, eccetto che, di tanto in tanto, in alcuni momenti di agitazione, di dubbi circa tutta la mia vita, di tentazioni contro la fede che mi portano quasi a cadere nella disperazione.

Per che cosa sono venuta al mondo? A che serve tanto soffrire, una vita inchiodata nel letto?

Questo avviene senza che io lo voglia. Sento proprio che sono tentazioni del demonio, sento essere lui a volermi rubare la pace. S (20-6-52)

Mi trovo in un mare tempestoso. Non cesso di lottare contro le onde. Mi sento stanca, mi sento sfinita per tanto lottare. Voglio afferrare la sabbia, o qualcosa che mi sia di vero sostegno, e non lo trovo: tutto mi viene meno.

Mi lascio abbandonare in balìa delle onde. S (15-1-54)

Continua la lotta tra la volontà di credere e la tentazione di non credere. E’ una sofferenza tremenda!

Credo, nel dolore e nella gioia, nell’abbandono e nel conforto. Credo, nella vita e nella morte.

Sono vostra, Gesù, sono la vostra vittima! S (16-7-54)

Sento che non sto a fare nulla nel mondo, dopo di aver perduti Gesù e la Mammina.

Una tentazione (del demonio) cerca di persuadermi: poiché l’eternità non esiste, cosa sto io a fare qua, senza godere, sempre a soffrire? Perché, perché?

“Credo, Gesù, credo! Credo che esistete. Che mi importa la sensazione di mentire (dicendo “credo”),se la verità siete Voi, o Signore, e l’eternità siete Voi?”

In questa lotta disprezzai tutto l’Orto (nel rivivere la Passione).Nulla esiste. Nulla vi fu, nulla vi è!

Così salii il Calvario senza fede, senza credere nell’eternità. E in quella tentazione tanto forte di volermi suicidare!

Mi pareva di voler liquidare quella vita senza vita, qualsiasi fosse il modo.

(Anche Gesù ha subito attacchi demoniaci, non solo all’inizio, nel deserto, ma anche alla fine, nell’Orto).

Con quale sforzo invocavo Gesù e la Mammina e ripetevo loro il mio “credo”!

Nelle tenebre dell’agonia e della morte volli ripeterlo, e non potei.

Venne Gesù. Mi chiamò ad alta voce e con dolcezza:

“Figlia mia, o figlia mia, la tua riparazione è per coloro che sono senza fede, per coloro che sono senza Dio, per gli increduli”.  S (15-10-54)

Un mese dopo Gesù le riafferma che vuole questa forma di riparazione, con la tenace professione di fede. Ma le dà anche il suo aiuto.

“Ripeti il tuo "credo!". Devi vivere di fede, senza sentire la fede: di amore, senza sentire affatto l’amore.

Da te voglio solo il tuo “credo!”, la tua saldezza in croce, la tua generosità eroica, sempre eroica.

Vieni a riposare sul mio divino Cuore. E’ riposo divino, è riposo confortante, è riposo di vita”. S (19-11-54)

Anche mentre rivive la Passione continua la lotta. Eccone una descrizione con una potenza poetica meravigliosa.

“Credo, credo fermamente!” Ripetei tante volte sulla cima della montagna, infilzata su di una lancia, ma tanto a piombo da non pendere da una parte più che dall’altra: o Dio o il demonio; o l’eternità o il nulla.

Così ferita, tutta sanguinante, caddi dalla parte in cui andai ripetendo il mio "credo", credo fermamente!”

Credo, sebbene io senta che il mio <credo!> è tutto una menzogna.

Venne Gesù e mi disse:

“Credi, figlia mia, credi, mia sposa amata, credi, fiore grazioso del Paradiso!

Credi che io esisto, credi che sei nella verità, credi che tutta la tua vita è la mia vita. Coraggio, coraggio! (...) S (17-12-54)

Arrivati all’ultimo anno di esilio, si intensifica ancora quella lotta tremenda.

“Gesù, perdonatemi! Io non ho fede, non credo in Voi. Povera me, chi mi aiuterà?”

“Ti aiuto io, figlia mia! Tu hai una fede inflessibile, più salda di una roccia.

Ripara per coloro che non l’hanno, per coloro che vivono senza Dio.

Confida, confida! Le anime si salvano a milioni, a milioni. Sì, figlia mia!” S (25-3-55)

E così vado camminando senza mare né terra, appena su di un soffio infido, che sempre mi lascia precipitare negli abissi.

“Aiutatemi, Gesù! Aiutatemi, Mammina!Confortatemi in questo mondo di incertezze e di dubbi. O dolore, o dolore, o agonia e morte!”

In questa lotta dolorosa e, per così dire continua, venne Gesù fino a me e mi parlò:

“(...) Coraggio, coraggio! Tu hai fede, hai amore e mi dài tutto.(...)

“Và, vivi di fede, ripeti il tuo <credo!>. Soffri e ama, soffri e ama!”S (1-4-55)

La mia anima è sanguinante, tutta sanguinante; è nelle tenebre.

Ah, mio Dio, parlare dell’anima, parlare di ciò che tante volte mi pare di non avere! Quante volte una voce, è quella dell’anima e anche del corpo, mi grida: “Aggràppati, aggràppati!” Ma né l’una né l’altro trovano a che cosa aggrapparsi.

Aggràppati, aggràppati alle tenebre, all’ignoranza, alla inutilità, alla morte! E’ ciò che io ho, è ciò che io trovo in me.

Gridare, gridare ben forte al Cielo, al Cielo che non c’è, all’eternità che non esiste! O mio Dio, è inutile tutto il mio gridare. Mi trovo in una grande agonia.

Ma io voglio, se lo vuole Gesù, stare qui per sua gloria e per la salvezza delle anime. S (13-5-55)

Gesù la preavvisa di un ulteriore aumento del martirio.

“Figlia mia, non è il sentire tu fede e consolazione, che mi consola, ma questa tua lotta nel massimo del dolore.

E’ l’ultima fase, tremenda fase: il massimo della sofferenza per affrontare il massimo del peccato e del crimine. Il mondo pecca, il mondo pecca!

Abbi ccoraggio, tu che sei luce e faro del mondo. Ripara e fa’ che il mio Cuore sia amato. Sostieni il braccio della giustizia di mio Padre che insiste a voler farla cadere sulla Terra”. S (10-6-55)

“Figlia mia, sali, sali, coraggio! (...) La tua fase, l’ultima fase della tua vita non può essere più dolorosa. Ma è così quando io scelgo un’anima per il più alto grado di perfezione, di amore, di unione con me.

Confida: tu mi ami e mi fai amato. Il tuo Cielo è prossimo”.  S (8-7-55)

Con una fermezza eroica ripete il suo “credo!”

Costi ciò che costi, sanguini io quanto sanguini! Anche mentendo a me stessa ripeterò sempre: “credo in Dio, credo in tutte le verità eterne, credo che ho un’anima figlia del sangue di Dio!” (...) S (5-8-55)

Sempre lottando, sempre aggrappandomi senza avere a che cosa, io vado di caduta in caduta, di abisso in abisso verso abissi senza fine di tenebre, di morte, di inutilità.

E senza fede, mio Dio, senza fede!

Vado sempre ripetendo nel mio intimo: “Tutto per amore a Voi, Gesù, e per le anime!” S (19-8-55)

E, infine, nell’ultimo diario, detta:

In un’angustia lancinante ho ripetuto i miei atti di fede:

“Credo, Gesù, credo che fu per me la vostra nascita, il vostro Orto, il vostro Calvario. Credo, Gesù, credo!”

I miei abissi erano tanto tetri e profondi che solo un Dio poteva penetrarvi: fu quanto Gesù fece. Scese fino alla mia profondità, portò alla luce il mio povero essere e lo illuminò con alcuni raggi della sua luce.

“Vieni qui, figlia mia, luce e faro del mondo. Tu, che sei tenebra ineguagliabile, sei luce che splende, faro che illumina.

La tenebra è per te, la luce è per le anime.

Vieni qui, luce di cui io sono luce, faro di cui io sono faro! Non posso io farti splendere col mio splendore? Non posso io fare che tu sia faro, come io sono faro? (...)

Nello stesso diario si legge un ultimo appello accorato di Gesù

“Lascia, figlia mia, che Gesù gridi attraverso le tue labbra:

“O Chiesa, o Chiesa, accogli la voce del Signore! Vigilanza, vigilanza! O Chiesa, mia cara Chiesa, vigila, vigila, non dormire, non riposare!

Mai il mondo peccò tanto. Mai fu così urgente tanta riparazione. (...)”

Non mi hai detto tante volte che per mio amore volevi consumarti e scomparire? Coraggio, coraggio! Io ho preso alla lettera tutto, tutto quanto mi hai detto”.

“O Gesù, guardate alla mia anima! Solo Voi sapete comprenderla.

Ascoltate le mie richieste!

E il mondo, il mondo! Gesù, perdonatelo, che è vostro!” S (2-9-55)

Con tale angosciata supplica che esplode da un cuore sanguinante di dolore e infocato d’amore, si chiude il diario della nostra santa martire.

L’ultima fase

Cessate le fonti dirette, le Lettere a p.Pinho e il Diario, attingiamo ad altre fonti: C G, No C...

Riguardo alle sofferenze, abbiamo due lettere del dott Azevedo a p.Pinho.

Una è del 10 gennaio 55.

(...) Alexandrina è prostrata come non mai. Sta per arrivare alla cima del suo calvario...Pare che tutto si evolva in questo senso. (No C , p.299 Portogh.)

L’altra, del 17 ottobre 55, quattro giorni dopo la morte.

(...) I dolori erano negli ultimi mesi orribili.

Da ultimo soffriva immensamente; e mi pare che la sua malattia, i suoi dolori fossero di origine soprannaturale, di quella origine a cui si riferisce  Enrico Bon, quando parla delle infermità soprannaturali.(...) (No C  , p p 298-299, portogh.)

E una lettera, a don Umberto, della dottoressa medico Irene de Azevedo, figlia del dott. Azevedo (cara amica che molte volte aveva scritto, in sostituzione di Deolinda, quanto Alexandrina dettava per i suoi diari). Eccone alcune righe.

Si aveva la sensazione che in quella cameretta di dolore avveniva qualcosa di tremendamente grande e misterioso: erano giunti gli ultimi momenti di una vittima alla quale era stata chiesta una grande riparazione.

Vicina a lei, tentavo di darle un poco di sollievo bagnandole le labbra secche. Non osavo quasi parlare per il timore di aumentarle la sofferenza.

(...) Chiedeva con insistenza a Dio di portarla presto in Cielo: l’unica preghiera degna di lei.(...) Che espressione aveva! Santa rassegnazione alla volontà di Dio, ma sofferenza da terrorizzare, e tale che un’anima può sopportare in quel modo soltanto con una grazia e un aiuto grande del Signore.

Da allora mi sono fatta un’idea di ciò che sarà stata la Passione e Morte del Signore. (...) Contemplando il suo volto addoloratissimo, mi pareva di udire la frase di Gesù: “Padre, perché mi hai abbandonato?”

Tutto era compiuto.(...)  (C G  p, 694)

In settembre, la martire Alexandrina ebbe la generosità di permettere a Deolinda di partecipare per tre giorni ad un ritiro spirituale a Fatima. Fu uno sforzo eroico perché soltanto Deolinda sapeva accudirla nel modo migliore in questi ultimi tempi di dolori atroci.

Alexandrina, che si sentiva ormai prossima alla fine, voleva dare a Deolinda, con tale infusione di spiritualità, la forza per sopportare il grande colpo.(C G p  691)

All’inizio del “suo” mese, sente l’annuncio della dipartita.

Oggi, 2 ottobre, giorno degli angeli custodi, sentii che mi toccarono una spalla e udii cantare gli angeli. Domandai:

“Chi canterà con gli angeli?”

Il Signore mi rispose:

“Tu, tu, tu! Tra poco, tra poco, tra poco, tra poco”. ( No C , p 299, portogh.)

Nel 1965 Deolinda raccontò a don Umberto quanto segue.

Avvenne, se non erro, il 7 ottobre 1955. Essendovi lavori in casa, io dovetti sorvegliare i muratori. Mia sorella mi chiamò per dirmi:

“Deolinda, tu mi sfuggi!”

Le risposi: “Vado e ritorno subito!”

Mi sedetti accanto a lei, che già si udiva a stento, e mi consegnò il denaro destinato alle missioni e il sacchetto del denaro per la casa.

Come è naturale, rimasi impressionatissima, perché Alexandrina aveva amministrato sempre i nostri poveri averi, come anche il denaro per le opere caritative”. ( C G , p. 691)

Il giorno 12

Alle due di notte Alexandrina dice a Deolinda che l’assiste:

Voglio raccontarti una cosa che non ti dissi mai per non farti soffrire.

Avvenne così: ai primi di febbraio, di buon mattino, udii una voce:

“Fa’ un atto di rinuncia alla venuta del tuo primo direttore”.

Non te lo dettai per non fartelo sapere. (C G  p.691)

Poi aggiunse.

“Appena sarà giorno, farai tre telefonate.

1.- Alla signorina Irene Gomes per chiederle di riaccompagnare a casa la mamma con tutta la sua biancheria. Che ritorni definitivamente, perché io morirò. (la mamma era al mare per fare una cura).

2.-A p.Alberto Gomes (il confessore), per un dovere di gratitudine da parte mia e, se me lo consente, per ripetere pubblicamente l’atto di rinuncia alla venuta di p.Pinho.

Intanto avviserai il cugino Gioacchino che vada a chiamare il dott.Azevedo.

3.- Alla signora Anna Pimenta.  (amica e benefattrice, che aveva manifestato il desiderio di assistere alla morte di Alexandrina).

Durante la mattinata disse parecchie volte:

“Vorrei il Cielo.

Non provo nessuna pena nel lasciare la Terra.

Sono scomparse le tenebre dell’anima (...)

E’ sole. E’ vita. E’tutto. E’Dio!”

Deolinda ad un certo punto le domandò:

“Vuoi qualcosa?”

“Il Cielo, perché sulla Terra non ci so più stare.

Vorrei il Sacramento degli infermi, mentre sono lucida”.

In una illuminazione sul futuro, esclama:

“Un giorno, qui sarà tutto bello!

O Gesù, sia fatta la tua volontà, non la mia!”

Verso le 15 dello stesso giorno, alla presenza del confessore, del dott.Azevedo, dei familiari e di alcuni tra i più intimi, fece l’atto di accettazione della morte.

Riportiamo il resoconto fatto dal sacerdote che l’assistette al momento della morte, mons. Mendes do Carmo.

Quando in quella camera-calvario fu tutto preparato, spontaneamente fece il suo Atto di rassegnazione davanti a tutti.

“O Gesù Amore, o divino Sposo dell’anima mia, io, che durante la vita ho cercato di darti la maggior gloria, voglio, nell’ora della mia morte, farti un Atto di rassegnazione; e così, mio amato Gesù, se con questo Atto do maggior gloria alla Santissima Trinità, gioiosa mi sottometto ai tuoi eterni disegni... solo per implorare dalla tua misericordia il tuo regno d’amore, la conversione dei peccatori, la salvezza dei moribondi e la liberazione delle anime del Purgatorio.

Mio Dio, come Ti ho consacrato sempre la mia vita, Ti offro ora la sua fine, accettando rassegnata la morte con tutte le circostanze che Ti daranno maggior gloria”.

Poi, con voce chiara, chiese perdono, ringraziò e perdonò a tutti...

Ricevette poi, in modo angelico, il Sacrameneto che purifica da tutti i vestigi di colpe e imperfezioni.

La camera si riempì di singhiozzi ed Alexandrina, moribonda, disse:

“Non piangete, perché vado in Cielo”.

E ripetè: “Non piangete, perché io vado in Cielo!” (C G , p.824)

Ecco alcune frasi che disse ad intervalli:

“Gesù, non posso più restare sulla Terra.

O Gesù, la vita costa; il Cielo costa!

Ho sofferto tutto per le anime. Mi sono spremuta in questo letto fino a dare il mio sangue per le anime.

Perdòno a tutti...Furono tormenti per mio bene.

O Gesù, perdona al mondo intero!...

Ringrazio coloro che mi hanno fatto del bene; pregherò per loro in Cielo.

Sono tanto contenta di andare in Cielo!  (sorridendo e guardando in alto).

Al medico che alla sera la salutava prima di lasciarla, disse:

“Che chiarore, che luce! E’ tutto luce  (sorridendo).

Le tenebre non ci sono più” ( C G  pp 692-693)

Il giorno 13

Il giorno 13 ottobre 55 è proprio un giovedì, il giorno più caro ad Alexandrina perché in esso Gesù istituì l’Eucaristia. Più volte aveva espresso il desiderio di morire in un giovedì.

Inoltre,il giorno 13 di ogni mese è particolarmente caro ai Portoghesi, perché il 13 maggio ricorda la prima apparizione della Madonna ai tre pastorelli di Fatima, e il 13 ottobre, l’ultima di tali apparizioni, con il famoso fenomeno del sole.

In Fatima,la grande festa della Madonna d’agosto viene celebrata nel giorno 13, anziché nel 15.

Circa un mese prima della sua morte, Alexandrina confidò al dott.Giovanni Costa, medico di Balasar, il suo desiderio (si può anche dire “presentimento”):

“Signor dottore, io morirò tra poco. Ho detto alla Madonna che mi piacerebbe morire in un giorno 13 del mese. Lo dico a lei e a nessun altro, perché non voglio affliggere né la mia mamma malaticcia, né mia sorella”. (C G  p.691, nota 17).

Alle ore 6 Alexandrina sorrise, con un sorriso angelico:

“Mio Dio, mio Dio, io Ti amo, sono tutta tua!

Non mi piacerebbe morire di notte.

Morirò oggi? Sarei contenta.

Chiese a Deolinda di porgerle il crocifisso e la statuetta della Mammina , e li baciò sorridendo.

Deolinda domandò: “A chi sorridi?”

“Al Cielo, al Cielo”.

Alle ore 8 fece la santa Comunione. (la sua ultima!)

In mattinata ricevette varie persone, e fece ancora la sua opera di apostolato:

“Addio, arrivederci in Cielo!

Non peccate! Il mondo non vale niente! Questo dice tutto.

Fate la Comunione molte volte! Pregate il Rosario tutti i giorni!

Alle ore 11 disse al dott. Azevedo:

“Fra poco!”

Egli le domandò se quel “fra poco” era come quelli di Gesù. Poi continuò:

“Certamente, domani alle ore 15 ( sarà venerdì, ora dell’estasi) Gesù le vorrà parlare ancora”.

Ella abbozzò un sorriso.

Alle 11.25 disse:

“Sono felice perché vado in Cielo”

Il medico aggiunse: “In Cielo preghi per noi”

Ella accennò di sì col capo.

Alle 11.35 chiese di recitarle le preghiere dell’agonia.

Alle 19  disse ancora: “Vado in Cielo”

Alle 19.30. esclamò: “Vado in Cielo!”

Deolinda soggiunse: “Ma non adesso!”

Rispose. “Adesso, adesso”.

Alle 20.29 spirò.

Si era conservata perfettamente lucida fino all’ultimo istante.

Si è proprio avverato quanto Gesù le aveva predetto fin dal dicembre 44:

“E’ in un’estasi d’amore sbocciato dal dolore che volerai al Cielo”S (29-12-44)

   

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