Assetata
di maggior sofferenza - Giuramento di amore
Volevo
fare tutto per amore verso di Loro [Gesù e Maria) e, per provare che Li
amavo, alcune volte facevo delle palline di cera che legavo a una punta
di un fazzolettino e con esse battevo sul mio corpo scegliendo i posti
che mi facevano soffrire di più, come le ginocchia, le ossa, lasciando
il mio corpo bluastro per i colpi. Altre volte legavo la treccia dei
capelli alle sbarre della testata del letto e tiravo in avanti il capo
con tutta la forza per potere così soffrire di più. In un pomeriggio di
domenica provai tante ansie di amore per Gesù da non poterle contenere.
Sospiravo di trovarmi sola. Finalmente tutti i miei decisero, anche se
titubanti, di andare in chiesa. Appena usciti, potei mostrare a Gesù
quanto l'amavo. Presa la spilla con cui tenevo appese le mie medaglie,
la conficcai nel mio petto; non vedendo sangue, la affondai di più nelle
carni, ne contorsi le fibre finché ne sprizzò il sangue. Vi intinsi la
penna e scrissi sul retro di una immagine:
— Col mio
sangue Ti giuro di amarti molto, mio Gesù.. Sia tale il mio amore che io
muoia abbracciata alla croce! Ti amo e muoio per Te, mio caro Gesù.
Voglio abitare nei tuoi tabernacoli. - (Balasar, 14-10-1934).
Subito
dopo sentii tanta ripugnanza ed afflizione da voler strappare quella
immagine. Non so cosa me lo impedì. Questa prova di amore non mi diede
nessuna consolazione.
Quando
rientrò mia sorella ero immersa in una grande inquietudine. Non le dissi
ciò che avevo fatto, ma le mostrai l'immagine. Ella esclamò: - Birichina
che sei! Che ne dirà p. Pinho? - Mi difesi dicendo: - Non gli dirò nulla!
- Invece gli narrai tutto ed egli: - Chi ti ha dato questo permesso? -
Risposi di ignorare che fosse necessario il permesso. Egli mi proibì
allora di fare cose del genere. « ... - Non tardate a far conoscere
quanto Io ho detto circa l'Eucarestia: non vi è altra medicina. È da
Essa che nascono i parafulmini per allontanare la giustizia divina... -
» (lettera a p. Pinho, 4-7-1935).
Fioretti di maggio
Nel mese
di maggio 1935, desiderosa di consolare Mammina e di soffrire per Lei,
pensai di scrivere su pezzettini di carta dei pensieri, uno per ogni
giorno del mese. Ogni mattina ne sorteggiavo uno e mi sforzavo di vivere
la giornata secondo quanto stava scritto. Questo, solo allo scopo di
consolare Gesù per mezzo di Maria. Nel maggio 1936, già senza forze, non
potendo scrivere e desiderando dare la stessa prova d'amore dell'anno
precedente a Gesù e a Mammina, chiesi a mia sorella di scrivere i
seguenti fioretti su bigliettini da sorteggiare giornalmente, soffrendo
ed amando secondo le intenzioni scritte. Il 31 maggio 1936 scrissi così:
« Mammina, io vengo umilmente ai tuoi piedi per deporre i fiori
spirituali raccolti durante il mese. Sono confusa: che povertà! In quale
stato te li consegno! Sono tanto appassiti e tanto sfogliati! Ma Tu, o
carissima Mamma celeste, puoi trasformarli, rinverdirli, ravvivarli per
portare con essi consolazione e profumi a Gesù, in mia vece. Parlagli
delle mie pene e delle mie afflizioni.
... Cara
Mammina, in questo ultimo giorno del tuo mese benedetto, come congedo,
poiché non ho nulla da darti, ti do tutto il mio corpo e ti prego di
custodirlo e di tenermi nelle tue santissime braccia come tua figlia
carissima ».
Gesù chide la
consacrazione del mondo a Maria
« ... Il
giorno 30 u.s. [luglio 1935], dopo la santa Comunione, udii Gesù dirmi:
- Per l'amore
che tu hai verso la mia Madre santissima, comunica al tuo padre
spirituale la seguente mia richiesta: ogni anno si faccia un atto di
consacrazione del mondo a Lei, in un giorno prefissato e si chieda alla
Vergine senza macchia di confondere gli impuri affinché cambino vita e
non mi offendano. Come ho chiesto a Margherita Maria la consacrazione
del mondo al mio Cuore divino, così chiedo a te che lo si consacri a Lei
con una festa solenne »
Lampada dei tabernacoli. Vittima
per la consacrazione del mondo
« O mio
caro Gesù, io mi unisco spiritualmente in questo momento e da questo
momento per sempre a tutte le sante Ostie della terra, in ogni luogo ove
abiti sacramentato; voglio passarvi tutti i momenti della mia vita,
costantemente, di giorno e di notte; allegra o triste, sola o in
compagnia, sempre a consolarti, ad adorarti, ad amarti, a lodarti, a
glorificarti! O mio Gesù, io vorrei che tanti atti del mio amore
cadessero su di Te costantemente di giorno e di notte come la pioggia
fine fine cade dal cielo sulla terra in una giornata d'inverno. Non
vorrei atti d'amore solo miei, ma di tutti i cuori, di tutte le creature
del mondo intero! Oh! Come Ti vorrei amare e vedere amato, da tutti! Tu
vedi, o Gesù, i miei desideri: accettali già come se io Ti amassi. O
Gesù, non rimanga nel mondo neppure un solo luogo ove Tu abiti
sacramentato, senza che oggi e, da oggi per sempre, in ciascun momento
della mia vita io stia là sempre a dire: - Gesù, amo Te! Gesù, io sono
tutta tua! Sono la tua vittima, la vittima della Eucarestia, la piccola
lampada delle tue prigioni d'amore, la sentinella dei tuoi tabernacoli!
O Gesù, io voglio essere vittima per i sacerdoti, i peccatori, la mia
famiglia, vittima per tuo amore, per la tua santissima Passione, i
dolori di Mammina, il tuo Cuore, la tua santa Volontà, vittima per il
mondo intero! Vittima per la pace, vittima per la consacrazione del
mondo a Mammina! - ».
Morte mistica
Nel 1935
il Signore mi avvisò che sarei morta all'inizio del giorno della festa
della SS. Trinità del 1936 [7 giugno]. Poiché non conoscevo altra morte,
pensavo di lasciare questo mondo e di partire per l'eternità. In questo
periodo ebbi molte consolazioni spirituali. Quanto più si avvicinava il
giorno della SS. Trinità, tanto più cresceva la mia gioia: sarei andata
a trascorrere in cielo la festa dei miei tanto cari Amori, come io
chiamavo il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo. I dolori del mio corpo
andavano aumentando e tutto dava segno della mia dipartita. Due giorni
prima il Signore mi affermò che sarei morta fra le 3 e le 3,50 del
mattino e mi disse di mandare a chiamare il mio direttore. Così feci.
Egli arrivò verso sera e rimase presso il mio letto durante la notte. Mi
preparò a morire, fece con me un atto di completa rassegnazione e
conformità alla volontà di Dio. Chiesi perdono a tutta la famiglia e
dalla gioia cantai così:
Feliz, oh! Feliz Se eu tal conseguia
Morrer a cantar O nome de Maria!
Feliz quem mil vezes Na longa agonia
Com amor repete O nome de Maria.
Poi fui
presa da una afflizione crescente. All'ora fissata non so cosa provai;
cessai di udire quanto accadeva attorno a me. Il mio padre spirituale ed
i familiari recitarono le preghiere dell'agonia, accesero una candela
benedetta e me la tennero in mano, ma io già non avevo coscienza di
nulla. Stetti così un po' di tempo. Mi giudicavano morta e piangevano
per me. Improvvisamente cominciai ad udire i loro pianti, ripresi a
respirare e, a poco a poco, mi rianimai, ma rimasi ancora in tale stato
di depressione che pensavo: - Voi continuate a piangere e io continuo a
morire. - Attendevo sempre di comparire alla presenza di Dio. Non avevo
pena di lasciare il mondo e i miei cari.
Ad un
certo punto, vedendo che mi riprendevo e che non si avveravano le parole
di Gesù, fui invasa da una tristezza inimmaginabile, oppressa da un peso
schiacciante. Il mio direttore dovette partire senza potermi rivolgere
una parola di conforto. Passai la festa della SS. Trinità come una
moribonda; dentro di me tutto era morte. Le lacrime mi scorrevano
abbondanti. Mi assalivano dubbi insopportabili: mi ero ingannata circa
la morte, quindi anche su tutto quanto Gesù mi aveva detto fino a quel
giorno. Nei successivi due giorni mi pareva che tutto il mondo fosse
morto. Non c'era sole, né luna, né giorno, per me. Il mio vivere era
quasi insopportabile.
Si
avvicinavano a me Deolinda e Säozinha e mi dicevano: - Perché non parli?
Perché non ci sorridi? - E io rispondevo: - Lasciatemi sola! Non sono
più la stessa. Non mi vedrete più sorridere. Non vi sarà più sole capace
di illuminarmi. - E piangevo. Sprofondata nel più grande dolore, nella
più triste amarezza parlavo in modo tale che loro non sapevano cosa
dirmi. Stavano combinando di andare dal mio direttore, quando
all'improvviso arrivò il padre Oliveira Dias, mandato da lui a
confortare la mia anima. Il buon padre mi spiegò il mio caso,
raccontandomi fatti uguali avvenuti nella vita di alcuni santi. Venni
così a sapere che si trattava della morte mistica, di cui non avevo mai
udito parlare. Ebbi l'impressione che fosse un angelo venuto dal cielo a
calmare la tempesta della mia anima. Continuai tuttavia a vivere
tribolata. Mi sembrava che anche Gesù fosse morto, poiché per alcuni
mesi non udii più la sua Voce. Quando aumentava l'agonia dell'anima
riandavo ai fatti raccontati dal p. Oliveira Dias e prendevo un po' di
coraggio da ciò che mi diceva il mio padre spirituale.
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