Ancora sulla consacrazione del mondo
a Maria. Primo intervento della Santa Sede
« ... Un
giorno Gesù mi disse: - Ascolta questi miei divini desideri: di', figlia
mia, al tuo direttore spirituale di far sapere ovunque che questo
flagello è un castigo, è l'ira di Dio. Castigo per richiamare: voglio
salvare tutti. Sono morto per tutti. Non voglio essere offeso e lo sono
tanto, nella Spagna e in tutto il mondo! E’ grande il pericolo che si
spargano ovunque questi atti di barbarie. E ora ti dirò come dovrà
essere fatta la consacrazione del mondo alla Madre degli uomini e Madre
mia santissima: prima, dal Santo Padre a Roma, poi, dai sacerdoti in
tutte le chiese; sarà invocata come Regina del cielo e della terra,
Signora della vittoria. Se il mondo corrotto si convertirà e cambierà
strada, Ella regnerà e per mezzo suo si otterrà la vittoria. Non temere,
figlia: i miei desideri si realizzeranno. - ... » (lettera a p. Pinho,
10-9-1936).
Il 31
maggio 1937 ebbi la visita di p. Durào: era stato inviato dalla S. Sede
per esaminare la questione della consacrazione del mondo alla Madonna.
Io desideravo tanto vivere nascosta, senza che alcuno sapesse quanto
avveniva in me! Tale padre consegnò un biglietto del mio direttore a
Deolinda, pregandola di leggermelo. Diceva così: - Presento il padre
Durào; gli parli liberamente e risponda alle sue domande. - Rimasi
afflitta e chiesi a mia sorella cosa potevo dirgli, perché non sapevo
che fossero necessari interrogatori in casi del genere. Deolinda mi
incoraggiò suggerendomi: - Dirai ciò che il Signore ti ispirerà. - Mi
sorprese come, senza esitazione, risposi alle sue domande quando mi
domandò circa le comunicazioni di Gesù. Mi raccomandò di esporgli
soltanto le cose principali per non stancarmi. Gli affermai che non
sapevo quali fossero le cose principali. Ed egli: - Questo mi piace. - E
mi parlò della consacrazione del mondo alla Madonna. Dopo varie domande
aggiunse in bel modo: - Non si sbaglierà? - A queste parole mi ricordai
del mio inganno circa la mia morte e pensai: - Questo è in mio sfavore,
glielo racconto. - Risposi: - Una volta mi ingannai. - E raccontai ciò
che era avvenuto nel giorno della SS. Trinità del 1936. Il padre non mi
disse se mi ero sbagliata e commentò: - Queste cose costano molto,
nevvero? - Risposi: - Costano e mi lasciano triste. - E cominciai a
piangere. Infine si raccomandò alle mie preghiere e promise di
ricordarmi nella santa Messa. Si inginocchiò e recitò tre Ave ed alcune
giaculatorie. Poi si congedò. Piansi molto e rimasi triste e tormentata,
perché si era venuto a sapere ciò che per tanto tempo si era svolto
nell'intimità della mia famiglia.
Scrissi
subito al mio direttore spirituale raccontandogli tutto.
Egli mi
rispose immediatamente rasserenandomi e dicendomi che tutto era per la
gloria del Signore. « Gesù mi ha detto ancora: - Figlia mia, ti ho
scelta per cose sublimi. Mi sono servito di te per comunicare al Papa il
mio desiderio che si consacri il mondo alla Madre mia santissima. Voglio
che sia onorata come Me perché è mia madre. Voglio che il mondo conosca
il Suo potere presso il trono di Dio...
Ti ho
scelta per essere la mia crocifissa... È un dono mio... La sofferenza
del tuo corpo, della tua anima è dolorosa, è schiacciante. Ma in cielo,
ove ti attendo, ne avrai la ricompensa. » (lettera a p. Pinho,
1-11-1937).
« ... -
Verrò a prenderti, ma non prima della consacrazione del mondo alla mia
Madre santissima che per mezzo tuo sarà onorata... Il Papa ritarda ma
verrà il giorno della consacrazione. Ciò che è mio vince sempre, per
quanto grandi siano le difficoltà. - ... » (lettera a p. Pinho,
22-11-1937).
« ... -
Il mondo è sospeso per un filo leggerissimo. O il Papa si decide a
consacrarlo o il mondo sarà castigato » (lettera a p. Pinho, 20-1-1939).
« ... -
Il Cuore della mia Madre benedetta è ferito dalle bestemmie contro di
Lei. Quanto ferisce il suo Cuore ferisce il mio; ciò che ferisce il mio
ferisce il suo, talmente sono uniti i nostri Cuori. È per questo che la
consacrazione del mondo Le darà molto onore e gloria: saranno umiliate e
vinte quelle lingue maledette e impure che l'hanno bestemmiata. - » (lettera
a p. Pinho, 2-12-1939).
« ... -
Di' al tuo direttore di avvisare il Papa che se vuole salvare il mondo
affretti l'ora della sua consacrazione alla Madre mia. La ponga a capo
della battaglia e La proclami regina della vittoria e messaggera di pace
Il mondo avrà molte sofferenze, perché la malizia umana ha raggiunto il
culmine con i suoi crimini... Povero mondo, se non avrà come guida la
regina del cielo! Povero mondo se Ella non intercederà presso Dio! » (lettera
a p. Pinho, 2-5-1940).
« ... -
Di' al Papa che Gesù insiste, chiede e ordina di consacrare il mondo
alla Madre sua. Che lo consacri in fretta se vuole che la guerra finisca,
in fretta se vuole che il mondo abbia pace. - ... » (lettera a p. Pinho,
5-4-1941).
Una visione
Verso la
fine del 1936, una notte, mi si presentò a piccola distanza un prato
molto verde e fiorito. I fiori erano gigli. Quanti erano! E tanto
perfetti! Fra questi pascolava un gregge di molte pecorelle. Il pastore
era Gesù, in grandezza naturale, molto bello, col bastone in mano. Mi
avvicinai al prato; quando stavo per entrarvi, tutto si trasformò in una
strada arida. Camminai per un pendio molto faticoso da salire; in cima
al monte dovetti percorrere un sentiero che faceva paura: tutto rovi e
spine. Alla mia sinistra udivo il belato di pecorelle. Avrei voluto
avvicinarmi per vedere la causa dei loro gemiti, ma un dirupo profondo e
oscuro mi impediva perfino di vederle. Sentivo che soffrivano molto.
Continuai a camminare lungo quel sentiero e più in alto, a destra, udii
ancora dei gemiti; da questa altezza vidi il motivo di tanta sofferenza:
vi era una pecorella dalla lana bianca, ma molto sporca, caduta e
impigliata tra lunghe e acute spine. Capii subito che i suoi gemiti non
erano di nostalgia per la madre, perché era già grandicella. Nel vederla
in quello stato sentii tanta pena che mi avvicinai e, con tutto l'amore,
pazientemente la liberai dalle spine. Appena libera, la visione
scomparve.
Non la
dimenticai più, perché mi rimase stampata nella memoria e nell'anima.
Una forte crisi di
nausea
Verso la
fine di aprile del 1937 ebbi una grande crisi [fisica] che mi portò
sull'orlo della tomba: vomiti da non finire; non trattenevo nulla nello
stomaco. I primi giorni rimasi in una profonda prostrazione. Non
riconoscevo le persone. Non avevo né fame né sete. Il parroco mi lesse
tre volte le preghiere degli agonizzanti, ma ricordo ben poco. Udivo che
si piangeva, ma non pensavo alla morte. Da un anno ricevevo giornalmente
la Comunione, mentre prima, con mio grande dispiacere, la ricevevo poche
volte al mese. Non so perché, ma forse fu il Signore che ispirò il
parroco a portarmi Gesù tutti i giorni. Io chiedevo questa grazia che fu
la mia più grande gioia. In questo periodo di vomiti, un giorno vidi
entrare il parroco in camera mia. Riconosciutolo, gli dissi: - Vorrei
ricevere Gesù. - Mi rispose: - Sì, mia cara, vado a prendere una
particola da consacrare: se non la rigetterai, ti porterò Gesù. - Così
fece. Ma appena inghiottita, la vomitai. Il parroco era del parere di
non darmi la Comunione, ma qualcuno gli disse: - Signor parroco,
un'ostia da consacrare non è Gesù! - Allora si decise a darmi la
Comunione e la ritenni. Non tralasciai mai più di riceverla. Quante
volte entrò il parroco ed io ero in crisi di vomito! Ma, appena ricevuto
Gesù, cessava la nausea e non ritornava se non dopo una mezz'ora dalla
Comunione. Fu il motivo che indusse il parroco a non temere di darmi
Gesù.
La crisi
durò parecchio tempo e per 17 giorni non potei inghiottire nulla: la mia
medicina fu Gesù. Io dicevo: - Muoio di fame e di sete - perché dopo i
primi giorni sentivo una sete bruciante e un grande bisogno di
alimentarmi. Quando migliorai, la mia maggior pena mi veniva dal pensare
che, se fossi morta durante quella crisi, non avrei avuto perfetta
coscienza della morte. Infelice chi è paralitico!
Durante
le funzioni del mese di maggio in parrocchia rimanevo sola in casa. Per
fare le mie orazioni accendevo alcune candeline con una canna. Un giorno
cadde un moccolo che produsse tosto una fiamma la quale poteva
appiccarsi alle tovagliette della mensola o fare spaccare la campana di
vetro. Volevo spegnerla con la canna stessa, ma non ci riuscivo; quando
stavo per far cadere a terra il candeliere, tutto si spense.
Che
afflizione nel non potermi muovere ed impedire che quella piccola fiamma
causasse la distruzione della nostra casa! Un altro giorno in cui
dovetti restare sola per un po' di tempo presi un grande spavento. Entrò
una vicina per chiedermi se abbisognavo di qualcosa. Quando se ne andò
lasciò aperta la porta della veranda e poco dopo la nostra capretta ne
approfittò per entrare. Si incamminò verso la sala dove avevamo i vasi
dei fiori e dei sempreverdi con cui adornavamo gli altari della chiesa
in occasione di feste. La chiamai: mi guardò ma non venne. Le buttai un
pezzo di mela ma non la mangiò, gliene mostrai un altro boccone e
continuai a chiamarla finché mi si avvicinò; la afferrai, le diedi la
mela e me la tenni stretta quasi due ore, un po' con carezze e un po'
con qualche schiaffetto. Quando giunse mia sorella si meravigliò che io
avessi potuto fare quello sforzo. Ringraziai Gesù per aver potuto
evitare, benché paralizzata, il dispiacere di vedere i nostri fiori
distrutti. Poco tempo dopo ebbi una prova più dolorosa.
Mia
sorella era fuori paese e mia mamma al mercato. Io rimasi con la ragazza
incaricata da mia madre di prestarmi i servizi fino al suo ritorno.
Nonostante i suoi vent'anni preferì andarsene anzitempo. Mentre usciva
le dissi: - Se vuoi proprio andartene, fallo pure. Al loro ritorno mi
troveranno qui, viva o morta. - Appena uscita la ragazza, si
avvicinarono alcuni gattini che, dopo vari tentativi, riuscirono a
saltare sul mio letto. Siccome non li volevo, li obbligai a scendere.
Alcuni minuti dopo udii che uno cadde in una bacinella d'acqua e morì
affogato dopo aver miagolato molto, lottando con la morte; anche la
madre miagolava. Non riuscii a dominarmi e incominciai a piangere
dicendo: - O Mamma celeste, fa' che arrivi qualcuno a salvarlo. - E
invocai vari santi.
Tra me
pensavo: - Infelice chi è paralitico! - Entrarono per caso due persone
che nel vedermi singhiozzare si impressionarono. Non piangevo per
impazienza ma per la pena delle bestioline. Il comportamento della
ragazza dispiacque alla mamma e alla sorella; ma la perdonarono come la
perdonai io. Siccome amavo la solitudine, specie di domenica, quando in
chiesa si faceva l'adorazione al Santissimo, pregavo i miei di andarvi
per lasciarmi sola con Gesù. Una volta, appena usciti, messami a pregare,
udii qualcuno che, aperto il portone verso strada, saliva la scala
dicendo ad alta voce: - Aprimi la porta. - Dalla voce riconobbi chi era:
mi spaventai. Che sarebbe avvenuto mai se fosse entrato? Piena di
fiducia strinsi nelle mani il mio Rosario mentre quel tizio continuava a
spingere con forza la porta. Quantunque non fosse chiusa a chiave, non
riuscì ad aprirla. Preoccupata di cosa avrei detto e molto spaurita, non
riuscivo neppure a respirare. Siccome non ottenne di aprire, se ne andò
e mi lasciò in pace. Attribuii questa grazia a Gesù e a Mammina che mi
liberarono da quel pericoloso incontro. Preferirei i demoni dell'inferno.
Dopo questo fatto non rimasi più sola in casa se non chiusa a chiave.
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