1937

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Le forze infernali scatenate

Fu nel luglio 1937 che il demonio, non soddisfatto di tormentarmi la coscienza e dirmi cose turpi, dopo mesi di minacce, cominciò a sbattermi giù dal letto di giorno o di notte. Da principio mascherai la cosa perfino alle persone di casa, eccetto a Deolinda, dicendo che erano crisi di cuore. Ma poi ne furono informate la mamma e una ragazza che viveva con noi. Una notte il maligno mi buttò sul pavimento facendomi sorvolare mia sorella che dormiva su un materasso disteso per terra accanto al mio letto. Deolinda si alzò, mi prese in braccio ordinandomi: - Va' sul tuo lettino! - Riposta al mio posto, mi alzai bruscamente emettendo dei fischi. Appena mi resi conto dell'accaduto, piansi. Deolinda mi tranquillizzò col dirmi: - Non affliggerti: non sei stata tu! - La notte seguente avvenne la stessa cosa e alla sorella che voleva ripormi sul letto gridai allontanandola da me: - No, no! A letto non vado! - Appena prendevo coscienza del male fatto, piangevo.

Una notte il demonio fece cose che ignoravo. Io piansi amaramente e pensavo di non poter ricevere Gesù senza prima confessarmi. In quel giorno il parroco era assente, ma sentivo che mi sarebbe costato molto parlargli di quanto era avvenuto. Non mi sentivo di aprirmi con lui. Mia sorella, nel vedere le mie lacrime, cercava di confortarmi, ma non riuscendovi, si offerse di andare dal mio direttore spirituale che si trovava a predicare in una parrocchia vicina. Le risposi che non valeva la pena perché non gli avrei detto quanto mi era successo. Le chiesi una cartolina della Madonna e con grande sacrificio scrissi in succinto quanto bastava per essere compresa. La nascosi sotto il guanciale in attesa che venisse l'ora di fargliela recapitare. Ma improvvisamente entrò il mio direttore con Gesù eucaristico, in compagnia di un seminarista. Aveva saputo per caso dell'assenza del parroco. Quando mi annunciò che portava Gesù, gli dissi: - Non posso fare la Comunione senza confessarmi. - Le lacrime ed il rossore non mi permettevano di parlare. Gli dissi soltanto di aver scritto un biglietto. Lo prese, lo lesse e, per tranquillizzarmi, mi assicurò che, dati i precedenti, aveva previsto quelle prove, anche se non aveva mai osato prevenirmi. Questa tribolazione si ripeté più volte, anche a due riprese per giorno. In quegli assalti sentivo in me rabbia e furori infernali. Non potevo consentire che mi parlassero di Gesù e di Maria. Sputavo sulle loro immagini. Insultavo il mio direttore, lo minacciavo e così pure alcune persone di casa. Il mio corpo rimaneva paonazzo e sanguinante per le morsicature. Oh, come vorrei che molta gente vedesse, affinché imparasse a temere l'inferno e a non offendere Gesù! Ogni volta che terminava l'influenza del demonio, nel ricordare tutto quello che avevo fatto e detto, mi assalivano angosciosi scrupoli; mi pareva di essere la più grande peccatrice. Furono mesi di doloroso martirio. Avrei molto da dire su questo argomento, ma non posso: la mia anima non resiste nel rievocare tali sofferenze. « ... Il 25 settembre Gesù mi disse: - Mia figlia, tu non mi offendi affatto, né mi offenderai negli assalti del demonio. Offrili con quanto soffri in riparazione dei peccati che in questa notte si commettono nella tua parrocchia e nel mondo. Che cosa orribile! E quale dolore per il mio divin Cuore nel vedere tante anime che si perdono! Il demonio ti odia, ma devi rallegrarti perché ne ha il motivo. Se Io lo permettessi, ti ucciderebbe: ma non lo consento. Sono il Signore della vita e della morte. La tua morte sarà soltanto un volo dalla terra al cielo. - Il giorno 29 infine Gesù mi disse: - Il mondo è putrido. Voglio che si realizzino le mie richieste. Ti faccio soffrire perché tu mi possa salvare molte anime. Tu sei il parafulmine della giustizia divina. Per mezzo tuo e di altre anime non sono caduti tremendi castighi. Penitenza! Penitenza! Vi sono molte anime che desiderano amarmi, ma sono lontane da ciò che dovrebbero essere e da quello che Io vorrei. Riparate almeno voi! - ... » (lettera a p. Pinho, 2-10-1937).

Gesù mi presenta le sue Piaghe Io Gli rinnovo la mia offerta di vittima

Una notte mi apparve Gesù: nelle mani, nei piedi e nel costato aveva le piaghe aperte, molto profonde, da cui sgorgava sangue in abbondanza; da quella del costato il sangue scorreva fino alla cintola, attraversava la fascia e giungeva fino a terra. Baciai le piaghe delle mani con molto amore e bramavo bacìare quelle dei piedi, ma, stando nel letto, non potevo. Non dissi nulla, ma Egli lesse il mio desiderio e mi diede la possibilità di farlo. Fissai poi la piaga del costato. Piena di compassione mi buttai nelle braccia di Gesù dicendo: — Oh, quanto hai sofferto per amor mio! - Rimasi così alcuni istanti finché Gesù scomparve. È inutile dire che non si cancellerà mai più dalla mia memoria questa visione. Ancora oggi ne sento il cuore ferito. Ne parlo soltanto per obbedienza e per amore di Gesù. Penso che Egli abbia fatto questo per prepararmi a ciò che ora dirò: che Egli me ne dia la forza e la grazia!

Voglio fare un contratto con te

« Il giorno cinque maggio (1938), dopo la comunione, Gesù mi ha detto: - Sei il tutto del mio cuore e io il tutto del tuo. Vuoi fare un contratto con me? -

Io gli dissi: - O mio Gesù, io voglio ma mi sento ognor più confusa. Tu ben vedi la mia miseria. Io sono proprio un nulla! - E che t'importa? Sono stato io a sceglierti proprio con la tua miseria. Tu mi hai dato tutto. In cambio mi do tutto a te. Ti dono i tesori del mio Cuore. Dalli a chi vuoi. Esso trabocca di amore: distribuiscilo. -

— O mio Gesù, potrò consegnare i tuoi tesori divini al mio direttore perché a sua volta li dia a chi vuole? Potrò darli alle persone che mi sono care e ai vescovi affinché li distribuiscano a ciascuno dei loro sacerdoti e questi li diano alle anime? - Gesù mi rispose: - Fanne ciò che vuoi. Io ti unisco a Me e ti stringo al mio Cuore santissimo! - » (lettera a p. Pinho, 5-5-1938) 7.

Il 23 luglio 1938 scrissi quanto segue. Gesù è la mia forza, il mio amore, il mio sposo.

— Consenti, o Gesù, alla tua piccola tanto innamorata di dirti, non con le labbra, ma col cuore: « Appartengo solo a Te! non ho niente, niente che non sia di Gesù ». -

Costa parlare così quando si sente il contrario e ci si trova nelle ore più amare della vita, nei giorni di tanta lotta in cui il demonio mi afferma il contrario, solamente il contrario.

— Maledetto, non ti appartengo. Sei degno solo di disprezzo. Sei bugiardo! Gesù è tutto mio, io sono tutta di Gesù. - Cuore mio, grida forte, molto forte al tuo Gesù che L’ami, che Lo ami più di tutte le cose del cielo e della terra! Sono di Gesù nelle gioie, nelle tristezze, nelle tenebre, nelle tremende tribolazioni, nella povertà, nell'abbandono totale. Soffro tutto per consolarlo, per salvare le anime. - Manda, o Gesù, alla tua Alexandrina, tua vittima, tutto quanto si può immaginare e si può chiamare sofferenza. Con Te, col tuo divin aiuto e con quello della tua e mia cara Mamma, vincerò tutto. Non temo nulla. - O croce benedetta del mio Gesù, io ti abbraccio e ti bacio.

      

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