2IMPROVVISA VIRATA DI BORDO SABATO SANTO DEL 1918 Nella stanza dove la sorella Deolinda cuce insieme ad un'amica c'è Alexandrina che impara. Lavorando, meditano sulla morte-risurrezione di Gesù. Ad un certo momento, avvistano tre uomini dal brutto aspetto. Sono sole in casa. Chiudono la porta, ma quelli riescono ad entrare spaccando una botola sul pavimento. Deolinda fugge, l'amica viene fermata. E Alexandrina? Io, nel vedere tutto questo, mi buttai nell'orto dalla finestra aperta. Sentii un grande spavento perché distava circa quattro metri dal suolo. Ne consegue una mielite con paralisi progressiva. Vani i tentativi di cure mediche. Il 14 aprile del 1925 si mette a letto per sempre: ha davanti ancora trent'anni di vita terrena! Da quel momento cominciai ad avere per infermiera mia sorella perché la mamma si occupava dei campi, e mia sorella faceva la sarta. Nei primi anni cercavo di distrarmi [...]. Mi dispiace di non aver pensato fin dal principio, come penso ora, a vivere tutta unita solo al mio Gesù. LA PARALISI Ecco due episodi, fra i tanti. Appena rimasta sola, mi vennero vicini alcuni gattini per farmi festa sollevando le zampette in aria perché io dessi la mano, e riuscirono a salire sul letto. Ma siccome sul letto non li volevo, li scrollai e andarono per terra. Poco dopo sentii che uno di essi cadde in una bacinella d'acqua e morì affogato! Lo udivo lottare contro la morte: miagolava molto! Sua madre miagolava pure! (... ) Cominciai a piangere invocando: "O Mammina, fa' che venga qualcuno per soccorrerlo! ". (...) Dicevo pure: "Infelice chi è paralizzato!". Una domenica, dopo che tutti erano usciti, sentii uno che saliva le scale e diceva a voce alta: "Aprimi la porta! ". Riconobbi la persona. Rimasi molto terrorizzata: "Che sarebbe di me se riuscisse ad entrare?! ". Strinsi tra le mani la corona del rosario con tutta la fiducia, mentre quella persona spingeva con forza! Non riuscì, per quanto la porta non fosse chiusa a chiave. Se ne andò! (...) Attribuii. questa grazia a Gesù e alla Mamma, che mi liberarono da quella brutta compagnia. DESIDERI DI GUARIGIONE Nel 1928 il parroco le porta da Fatima dei ricordi con l'esortazione a fare una novena per la guarigione. Non ne feci una, ma molte! (...) Pensavo: se guarirò, andrò subito a farmi suora. Infatti avevo paura a vivere nel mondo (presente che non apparterrà più al mondo). Volevo essere missionaria per battezzare i moretti e salvare anime a Gesù. SI DELINEA LA SUA MISSIONE Siccome non ottenni nulla, morirono i miei desideri di guarire, e per sempre. Cominciai a sentire sempre più aneliti ad amare la sofferenza e a pensare solo a Gesù. Un giorno in cui ero sola, dissi: "Mio buon Gesù, siamo entrambi carcerati: Tu carcerato per mio amore (nel tabernacolo) e io carcerata nelle tue mani [...]. Ti ho abbandonato pensando solo alle cose del mondo. Ora, pentita, con tutto il mio cuore voglio ciò che vorrai Tu e voglio soffrire con rassegnazione. Non venirmi meno, mio buon Gesù, con la tua protezione! ". L'amore a Gesù comincia ad elevarla al di sopra della mentalità comune. «Soffrire con rassegnazione» non è ancora «sorridere al dolore», ma è già un primo passo. E il movente è sempre l'amore. L'amore a Gesù deve portare all'amore ai fratelli, specie in quanto peccatori. Nel dicembre del 1934, in estasi, Alexandrina sente Gesù dirle: "La missione che ti ho affidata è quella dei tabernacoli e dei peccatori. (...) Se veramente li vuoi salvare, non ricusarmi il tuo corpo" (preparazione al rivivere la Passione). E circa un mese dopo, Gesù la stimola a proseguire nella sua vita di martirio. "Figlia mia, la sofferenza, la croce è la chiave del Cielo. Io soffrii tanto per aprire il Cielo all'umanità, e per molti inutilmente! Dicono: voglio godere, non sono venuto al mondo per altro, voglio soddisfare le mie passioni ... Dicono che non c'è l'inferno. Io morii per loro e dicono che non me lo hanno chiesto; e contro di me proferiscono bestemmie ed eresie. Io per salvarli scelgo delle anime, metto sulle loro spalle la croce e mi assoggetto ad aiutarle. Felice l'anima che comprende il valore della sofferenza! La mia croce è soave, se portata per mio amore". Aumentano le sofferenze, non solo quelle dovute alla paralisi. Dolori enormi mi consumano il corpo. Ma, quante più sofferenze, tanta più gioia spirituale sento in me: ho più da offrire al mio amato Gesù. L'anima non soffre meno del corpo: terrori, angosce, tenebre, partecipazione alla tristezza di Gesù per la situazione dell'umanità. E tutto fa crescere il suo desiderio di amare sempre più, di compensare il disamore, l'indifferenza degli uomini. «Oggi, dopo la comunione, mi sentivo tanto fiacca e dicevo: "O mio caro Gesù, dammi amore per amarti. Voglio morire bruciata nel tuo amore. Dammi forza per accompagnarti nella croce e per vivere con Te nella santissima Eucaristia"». Così riferisce in una lettera del luglio 1938 al primo direttore, p. Pinho. |